2 - I verbi nel keigo

Il keigo (敬語), ben strutturato e affascinante include più parti del discorso e strutture grammaticali dedicate, tra cui:
le forme dedicate insieme agli yamimorai (やみもらい), i gradi di parentela di seconda e terza persona e i suffissi onorifici.
In questa seconda lezione ci occupiamo delle forme dedicate e degli yamimorai (やみもらい).

Alcuni verbi hanno delle forme dedicate nella tabella si nota che non tutti i verbi hanno entrambe le forme e che se un verbo possiede la forma dedicata è preferibile usare questa forma anziché i costrutti visti in precedenza (cfr Mastrangelo 2015: 341)

Il gruppo degli yamimorai (やみもらい) dei verbi “dare” e “ricevere” che nel keigo (敬語) vengono espressi con ben sette verbi diversi (vedere immagine) e sono un buon esempio di “stratagemmi di riconoscimento della relazione”.

Questo specchietto riassuntivo illustra l’uso dei verbi “dare” e “ricevere” con l’aggiunta dei verbi yamimorai (やみもらい) che contemplano i rapporti tra uguali: ataeru (与える) e uketoru (受け取る), che significano rispettivamente “dare” e “ricevere”. Ribadiamo che i verbi “dare” kudasaru (下さる) e “ricevere” itadaku (いただく) comunicano rispettivamente le relazione agente/paziente e vengono usate in famiglia.

I verbi yamimorai (やみもらい) sono un gruppo di verbi pragmaticamente ricco, tra loro collegati strutturalmente e semanticamente. In comune hanno l’uso e le funzioni che sono vincolati sia dalle esigenze linguistiche e pragmatiche dell’enunciato che dalla funzione deittica (cfr Arcodia 2012: 120-122. Kubota 1989 149-152). Sia nei verbi di “dare” che nei verbi di “ricevere”, viene codificato, lo ribadiamo in altre parole, lo status relativo di partecipanti e referenti dello scambio:
utilizzare uno o l’altro corrispondente di “dare” o “ricevere” segnerà la posizione sia del Parlante che dell'Ascoltatore, e anche gli stati d’animo con cui il Parlante reagisce alle azioni subite. Vi è quindi un atteggiamento psicologico che governa l’uso degli yamimorai (やみもらい) che impongono al Parlante di comunicare quanto siano state rilevanti le azioni altrui nei propri confronti (o viceversa), quindi le sue percezioni o la rappresentazione di sé, come membro dipendente di una comunità le cui azioni influenzano la rete sociale che ha intorno, e che viene influenzato dalle azioni altrui.
Il verbo “dare”, così come il verbo “ricevere”, in giapponese distingue tra ciò che viene dato “all’esterno”, non a sé o a membri del proprio gruppo, e quello che viene dato “all’interno” a sé o a membri del proprio gruppo. 
La distinzione tra uchi (家), “interno”, e soto (外), “esterno”, è quindi di vitale importanza:
tutto ciò che non è uchi (家) è soto (外) e riguarda gli estranei verso i quali si usa il keigo (敬語), o perché loro dovuto, o per semplice mancanza d’intimità, per conferire rispetto (cfr Matsumoto 1988: 419-421. Osawa 2015: 122-125). Come abbiamo già detto il linguaggio keigo (敬語) viene usato con interlocutori appartenenti alla sfera “esterna” soto (外) o che il Parlante ritiene superiori, e che i fattori determinanti sono età (più vecchio, più rispettato), ceto sociale e la gerarchia in generale, per cui utilizzati a seconda di chi dà a chi, o chi riceve da chi.
Vediamo ora in concreto come si esprimono questi verbi: ci sono tre possibilità per rendere il verbo “dare”: ageru (上げる), kureru (くれる) e yaru (やる).

> ageru (上げる) è usato in tutti i casi, eccetto se l’oggetto è dato da soto (外, esterno) a uchi

(家, interno). Pertanto viene usato quando:
   - Parlante dà a uchi (家) o soto (外)
   - uchi (家) dà a uchi (家) o soto (外)

   - soto (外) dà a soto (外).
La versione umile di ageru (上げる) è sashiageru (差し上げる)

> Kureru (くれる) è usato solo:
   - quando soto (外) dà al Parlante o uchi (家) dà al Parlante, quindi viene usato quando il ricevente è il Parlante o qualcuno del gruppo uchi (家),
   - quando la persona con cui parliamo fa parte del nostro gruppo.
Il verbo kureru (くれる) denota la gratitudine del Parlante verso l’agente dell’azione denotata dal verbo principale.
La versione onorifica di kureru (くれる) è kudasaru (下さる).


> Yaru (やる) si utilizza con inferiori o animali.
“Ricevere” è reso con morau (もらう) che si usa come ageru (上げる).

La versione umile di morau (もらう) è itadaku
(いただく).

NOTE:
la relazione inferiore/superiore meue/meshita (目上/目下) nei verbi ageru (上げる) e kudasaru  (下さる) negli ideogrammi sotto/sopra (上/下).

いただく viene tradotto "Buon appetito" ma in realtà è un ringraziamento per il cibo ricevuto;
くださる viene usato per chiedere un favore in qualsiasi contesto, segnando sempre la formalità del Parlante.

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